Anche chiamato conto di liquidità, il conto deposito è un prodotto che consente di ricevere una remunerazione garantita sul capitale in giacenza con una scadenza massima di 5 anni. Normalmente, il conto deposito si appoggia a un conto corrente di tipo tradizionale (detto operativo) e alimenta un conto di risparmio. I conti deposito puri, diversamente, sono svincolati dal conto corrente: in questo caso è possibile versare sul conto somme in contanti, prelevate dal proprio conto o da altri prodotti finanziari.
In base alla tipologia di vincolo prevista per le somme in giacenza, è possibile distinguere fra due diverse categorie di deposito. I conti vincolati prevedono che il capitale possa essere prelevato a scadenza dopo 3, 6,12, 18 o 60 mesi in base alle condizioni contrattuali. Se il titolare desidera smobilizzare il capitale prima è previsto il pagamento di una penale. Diverso il caso del conto deposito non vincolato. Come funziona questo prodotto? Le somme possono essere ritirate a piacimento senza incorrere in penali, avendo diritto, in compenso, a tassi di interesse inferiori. In ogni caso, l’operatività dei conti deposito è limitata: è consentito esclusivamente il versamento e il prelievo da e verso il conto di appoggio, tramite bonifico, assegno bancario o servizio RID. In alcuni casi è richiesta l’apertura di un conto corrente presso la stessa banca, con eventuale accredito della pensione e dello stipendio.
I conti deposito sono prodotti molto semplici che possono essere sottoscritti e gestiti direttamente online. Generalmente non sono richieste garanzie, depositi minimi e processi istruttori. Date le funzionalità limitate, le spese di apertura e gestione sono ridotte e, in alcuni casi, azzerate. Per quanto riguarda i costi, a ogni modo, è necessario considerare la ritenuta del 26% applicata agli interessi maturati dal deposito. I conti, inoltre, sono soggetti all’imposta di bollo che ammonta allo 0,2% del capitale in giacenza e solo in alcuni casi è presa in carico dalla banca.
I tassi offerti dall’istituto sui conti deposito devono essere considerati al lordo della tassazione e di norma sono compresi fra l’1 e il 2,5%. Va tenuto presente, inoltre, che generalmente i calcolatori online non tengono conto dell’imposta di bollo. Fra i costi da considerare, inoltre, ci sono gli eventuali oneri legati all’apertura di un nuovo conto corrente e dell’eventuale accredito dello stipendio e della pensione. Alcune offerte e tassi promozionali, inoltre, sono limitati ai nuovi clienti e al deposito di nuova liquidità.
Dopo aver sintetizzato le opportunità legate alla sottoscrizione dei conti deposito, vediamo i rischi connessi a questo tipo di prodotto. In linea teorica, l’operatore bancario può disporre unilateralmente una variazione delle condizioni contrattuali, riducendo – a fronte di un preavviso di 60 giorni – il tasso di interesse applicato al deposito. Qualora le condizioni divenissero meno vantaggiose e si volesse procedere con la chiusura del conto, è sufficiente inviare l’apposito modulo di richiesta di estinzione entro i termini previsti, senza incorrere in addebiti. I conti deposito, in ogni caso, sono protetti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi previsto dalla Direttiva Comunitaria 2009/14/CE per somme fino ai 100.000 euro. Per azzerare il rischio è sufficiente limitare la giacenza oltre questa soglia. Per le persone fisiche non sono previsti limiti di deposito, a differenza delle persone giuridiche.
Il conto deposito debutta sul mercato nel 1991. A lanciarlo è ING Direct in Canada, con l’intento di offrire alla clientela uno strumento di investimento semplice e con costi di struttura ridotti per la banca. La diffusione delle piattaforme digitali contribuisce al successo dei conti deposito, proposti da un sempre maggior numero di istituti con tassi sempre più competitivi. Questa competizione spinge le banche a investire in attivi rischiosi: non a caso, tradizionalmente le banche attive in questo mercato sono le grandi società di leasing e di credito al consumo o gli istituti interessati a inserirsi in un nuovo mercato, anche a fronte di margini ridotti. Nel 2008, ING Direct subisce i contraccolpi della crisi e viene supportata dall’Unione Europea, prima di cedere le attività online nel 2013.
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