Bail in: cos’è e come funziona?

Dal fallimento Lehman Brothers alla Brexit, gli eventi degli ultimi anni hanno messo in luce le sfide di un sistema finanziario sempre più complesso e interdipendente. La direttiva europea bail-in nasce con l’intento di integrare i tradizionali meccanismi di vigilanza e di controllo sulle banche, migliorando la gestione del rischio per prevenire il default degli istituti di credito. Cosa prevede, in caso di crisi bancaria, questa normativa e come proteggersi dal bail in?

 

Bail in banche: significato

Cos’è il bail in? Il significato di questa normativa è introdurre regole armonizzate per i vari Paesi europei, assegnando poteri specifici alle autorità di risoluzione incaricate di gestire le crisi bancarie a livello comunitario. Oltre ad approvare i piani di risanamento predisposti dalle banche, le autorità competenti possono ricorrere a un ampio ventaglio di strumenti, inclusa la rimozione del consiglio di amministrazione in casi eccezionali. Spetta loro definire la fase di risoluzione e la strategia di ricapitalizzazione dell’istituto, secondo una precisa gerarchia che vede coinvolti azionisti e creditori. 

Il principio di fondo è ricorrere al salvataggio interno (bail in) in alternativa alla logica del bail out (risanamento esterno con intervento diretto dello Stato). Per effetto delle novità introdotte dalla direttiva, a rispondere delle perdite sono gli investitori e i soggetti privati che intrattengono rapporti diretti con la banca, tramite un prelievo forzoso applicato a titoli e depositi. Questo meccanismo rispetta il principio del no creditor worse off: in ogni caso, le perdite subite dai creditori non possono superare quelle che si avrebbero in caso di liquidazione coatta amministrativa.   

 

Bail in in Italia

L’entrata in vigore del bail risale al 1° gennaio 2016. Questo ordinamento giuridico recepisce la direttiva Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD) europea, finalizzata alla prevenzione delle crisi e alla risoluzione dei dissesti finanziari di banche e imprese di investimento. La normativa bail in prevede l’introduzione del cosiddetto Single Resolution Mechanism (Meccanismo unico di risoluzione) per la gestione accentrata delle crisi, nonché l’istituzione del Single Resolution Fund per facilitare la copertura delle perdite subite dagli istituti. La gestione del meccanismo di risoluzione spetta al Comitato Unico di Risoluzione europeo e, a livello di singoli Paesi, alle autorità competenti. In Italia, l’autorità designata è la Banca d’Italia. 

 

Come funziona il bail in?

La normativa bail-in nasce con l’obiettivo di superare il principio dei finanziamenti pubblici a fondo perduto per ripianare i debiti delle banche e, più in generale, il salvataggio degli istituti a opera di terze parti. Al contrario, il compito di assorbire le perdite viene ora a ricadere direttamente su azionisti, detentori di titoli di debito, creditori chirografari e correntisti dell’istituto. Lo scopo è evitare il fallimento delle grandi banche e consentire agli istituti di non interrompere i servizi essenziali. 

Nell’eventualità di una ristrutturazione dei debiti bancari, il bail-in prevede tutele specifiche. Sono esclusi dal prelievo i depositi garantiti dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, nonché le passività garantire e i beni custoditi in virtù della relazione fiduciaria con la banca, come il contenuto delle cassette di sicurezza. Non sono interessati, inoltre, gli strumenti finanziari emessi da altri soggetti che la banca ha in gestione. Diversamente, possono essere chiamati a rispondere i titolari di strumenti emessi e acquistati prima dell’entrata in vigore della normativa. Come conseguenza del bail in, può essere disposta la svalutazione dei titoli, la conversione in azioni, la modifica della scadenza e dell’importo degli interessi o il congelamento degli stessi, ad esclusione di particolari categorie di investimenti.

 

Soggetti interessati

Come funziona il bail in per le diverse categorie di creditori? Secondo la gerarchia prevista dalla direttiva europea, a rispondere per primi sono i titolari degli strumenti più rischiosi, ovvero azionisti, titolari di obbligazioni convertibili in azioni e strumenti analoghi. A seguire troviamo i possessori di obbligazioni subordinate e obbligazioni senior. Se si verifica un rischio default, le autorità possono azzerare o ridurre il valore dei titoli o disporre la conversione delle obbligazioni (anche ordinarie) in azioni, nonché sospendere il pagamento degli interessi. 

Agli effetti del bail-in sono esposti anche i creditori chirografari che non godono del diritto di prelazione: sono esclusi, invece, i dipendenti e i creditori privilegiati. In ultima istanza, è prevista la possibilità di coinvolgere i correntisti e i depositi (riconducibili a persone fisiche o imprese) con importi superiori ai 100.000 euro. Conti correnti, libretti di risparmio e depositi con somme inferiori a questa soglia, al contrario, sono tutelati dal bail in.

 

Direttiva europea Bail in

L’entrata in vigore del bail in rientra in una strategia più ampia volta a migliorare la stabilità del sistema finanziario europeo. Il percorso prende il via nel 2014, con l’introduzione del Meccanismo di vigilanza unico che coinvolge i maggiori istituti bancari. A completamento di questo strumento, nel 2016 viene istituito il Meccanismo unico di risoluzione e diventa operativa la direttiva per il salvataggio degli istituti di credito in crisi (direttiva 2014/59/UE). 

L’approvazione della normativa bail in fa seguito a un lungo dibattito, originariamente alimentato da un articolo pubblicato su The Economist nel 2010 a firma di Paul Calello e Wilson Ervin. Il contributo, dal titolo From bail-out to bail-in, argomenta i vantaggi potenziali di una ricapitalizzazione interna delle banche, in contrapposizione ai salvataggi basati sul capitale pubblico. Questa tesi nasce dall’esperienza legata al fallimento Lehman Brothers e alla necessità di prevenire le crisi finanziarie sistemiche; salvaguardando, in caso di crisi bancarie, l’operatività degli istituti senza danneggiare l’insieme dei contribuenti.  

 

Casi di applicazione

Il primo istituto di credito interessato dal bail-in, a livello europeo, è stata l’austriaca HETA ASSET RESOLUTION AG, bad bank creata per gestire i crediti deteriorati della Hypo Alpe Adria. Il piano di commissariamento pubblicato dalla Finanzmarktaufsicht – l’autorità di vigilanza per il mercato finanziario austriaco – ha previsto l’azzeramento delle obbligazioni subordinate, un taglio superiore al 53% delle obbligazioni senior e la cancellazione del pagamento degli interessi.

Conclusioni

Come proteggersi dal bail in? Come abbiamo visto, nel caso dei correntisti il salvataggio interno non riguarda le somme eccedenti i 100.000 euro. Questa soglia si applica anche ai conti cointestati e si intende per singolo correntista: se il conto è intestato a due persone, il Fondo di garanzia dei depositi andrà a coprire un importo massimo di 200.000 euro. Al contrario, se lo stesso soggetto possiede diversi conti presso la stessa banca, la soglia di capitale garantito resterà invariata. Ciò detto, non esiste una strategia univoca per difendersi dal bail in (tenendo sempre presente che il Fondo interbancario di tutela dei depositi non vanta una disponibilità illimitata). Oltre a monitorare il rating delle banche, la soluzione consiste nel diversificare il più possibile gli investimenti, eventualmente orientandosi anche su strumenti garantiti come i covered bond e altri titoli di debito immuni al bail-in.